Pensieri

Mondi di suoni diversi

La mobilità stilistica è la qualità indispensabile per accedere nei tanti aspetti, nelle tante tematiche dei soggetti sinfonici e teatrali. Ascolto la duttilità con cui lo strumento-orchestra viene trattata:  una materia enorme, informe, capace di modellarsi sulla visione dell’arcata drammaturgica. I soggetti possono essere infinitamente vari e mutevoli. Per ognuno di essi deve essere individuato e poi plasmato il campo proiettivo della sua rappresentazione sonora. Shakespeare o la quotidianità: tutto può essere musica. Per ogni soggetto scelto, metto a punto una strategia di attraversamento di quel campo. A volte è il soggetto che mi suggerisce come definire l’opera da un punto di vista tecnico: mi indica il materiale, la chimica da alchimizzare, che può essere armonicamente ricca oppure aspramente rumorosa. Granulosa o morbida. In questo caso il soggetto rivela la strumentazione, definisce mondi di suoni diversi. Reinterpretare Shakespeare è possibile. La magia di quei testi, liquidi e incorporei, fa sì che riprendano perennemente forma, attraverso una nuova identità. Ponendo in rilievo elementi che sono attuali, aprendo infinite possibilità per lo stesso racconto. Questo è uno dei privilegi concessi al mito rispetto all’ideologia, che è così legata al tempo: porre di fronte alla storia, e all’arte, l’elemento dell’astrazione assoluta. Altre volte parto dal potere incantatorio di un suono, dalla visione di accorpamenti sonori, che hanno una loro forza intrinseca, una loro fisionomia teatrale. Li lavoro, li sviluppo, senza caricarli di un significato particolare. Anche in questo caso la mia musica racconta. Ma non in senso didascalico: è narrativa nel condurre in ciò che c’è dentro al suono, dalla massa magmatica orchestrale, sino ai segni più esili e filiformi.  È una fabula dentro e intorno al suono. Che fa perdere la connotazione del suono stesso, che dimentica il suo significato comune. Reinterpretandolo dall’origine. È una partitura sempre stratificata, e ogni strato porta con sé un elemento drammaturgico.  Una lettura e un ascolto che si compie a più livelli, un processo di conoscenza della musica che può essere compiuto da angolature diverse. Non mi piace dare per scontato nulla, e nemmeno  offrire una sola visione d’ascolto. L’accesso a un livello via via più profondo della partitura è lasciato alla sensibilità dell’interprete e dell’ascoltatore. In questo modo resta sempre qualcosa da scoprire. Credo che la possibilità di contenere tante letture, di offrire tanti punti di ascolto, rappresenti la forza dell’opera d’arte in sé.